Come è cambiata L’Emilia-Romagna?
L’ultimo dei reportage con cui Senza Filtro sta girando l’Italia per raccontare la cultura del lavoro e le sue geografie invisibili è dedicato a lei, una terra in grande trasformazione che si sta sempre più affermando come pioneristica nel voler affermare un suo modello. Non dimentichiamo che proprio il Comune di Bologna, è stato il primo ad aver sottoscritto un Accordo metropolitano sulla Gig economy a tutela di tutti i lavori digitali, oltre ai classici legati al food delivery.
Una volta era solo terra di cooperative, oggi la strada che si sta tracciando è molto diversa e passa attraverso elementi nuovi: il sistema delle BCorp, la trasformazione del polo della moda, un nuovo concetto di turismo culturale, una attitudine all’equilibrio vita-lavoro che la rende unica in Italia, l’investimento su un concetto di innovazione che non solo non esclude le fabbriche e la vera forza manifatturiera italiana ma le rende protagoniste del proprio percorso industriale senza strizzare l’occhio a incubatori e start-up come in molte altre parti d’Italia.
“Anche la geometria economica italiana non è più la stessa, lo si ripete ormai da mesi, e oggi il triangolo ha le punte in Emilia, Veneto e Brianza: siamo passati dal triangolo equilatero e politico firmato Torino-Milano-Genova allo scaleno più moderno che attrae di più l’Europa. Si chiamano “soggetti sociali” i protagonisti nuovi della cultura del lavoro in Emilia-Romagna.
Anche qui eravamo abituati alle associazioni di categoria con la pancia piena e i progetti vuoti, alle politiche dall’alto in basso senza via di ritorno e a un odore stantio di impresa e di prodotto. In Emilia le fabbriche hanno caviglie salde di cui andare fieri pur senza somigliare ai capannoni del Veneto padronale che non conosce pausa e vede solo fatica, i giovani sanno dare un significato al lavoro perché la parola non affoga dentro gli inglesismi incubati da culture che non sentono loro, lo sviluppo sostenibile chiama in causa una crescita che passa per le politiche attive, la mobilità, gli investimenti, la tutela dei lavori digitali in ogni forma, la competenza nel decifrare un mondo del lavoro che non somiglia più a se stesso e che chiede di essere interpretato in fretta.
In controtendenza totale non sono franati manifatturiero, automotive, packaging, meccatronica, biomedicale, agroalimentare e wellness: la Germania li osserva e impara. L’Emilia-Romagna, col trattino in mezzo, spiega già col nome una frattura che non è solo un fatto di punteggiatura: c’è un sud che come tutti i sud si sente messo fuori gioco, anzi escluso dai giochi, e c’è un nord che come tutti i nord si dimentica dove tiene fissi i piedi. La Romagna, per quanto ancora sottotono e in mano alla prudenza, sta imbastendo la regia di una trasformazione culturale con cui andare a scalare fino agli ultimi gradini delle istituzioni regionali per poi gridare da lassù che c’è anche lei, che devono capire quanto vale, che così non le sta bene, che il turismo è cambiato, che può contribuire più di quanto pensino“. [Editoriale di Stefania Zolotti sul numero speciale di SenzaFiltro dedicato all’Emilia Romagna]
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